October 19, 2020No Comments

Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli, un tributo alla vita

Omaggiare la vita piuttosto che la morte. La tragica notizia di questa mattina, lunedì 19 ottobre 2020, vorrebbe farci notare una strana ironia della sorte. A distanza di pochi giorni dall’inaugurazione della retrospettiva del designer Enzo Mari a cura di Hans Ulrich Obrist e Francesca Giacomelli, si apprende la tragica notizia che Enzo Mari ci ha lasciati.

Voglia però essere questa coincidenza un tributo alla sua vita, all’enorme contributo all’arte, al design, all’architettura, alla progettazione che il grande Maestro ha donato nel corso della sua vita.

1976-2008 _44 Evaluations_Installation_view - © Triennale Milano - foto Gianluca Di Ioia

Triennale Milano con il suo Museo del Design Italiano presenta la mostra Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli dedicata al lavoro e al pensiero di Enzo Mari – uno dei principali progettisti, artisti, critici e teorici – documentati attraverso progetti, modelli, disegni e materiali spesso inediti, provenienti dall’Archivio Mari recentemente donato al CASVA - Centro di Alti Studi sulle Arti Visive del Comune di Milano.

Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano, ricorda che:

“in una intervista del 2016 Mari ha affermato di aver posto la condizione che, dopo la donazione, per quarant’anni nessuno avrebbe potuto accedere al suo archivio. Questo perché, nelle sue più ottimistiche ipotesi, solo dopo questo lasso di tempo, una nuova generazione potrà farne un uso consapevole e riprendere così in mano il significato profondo delle cose. La grande retrospettiva in Triennale costituisce dunque un’occasione unica per approfondire la lunga carriera di Mari – proprio nella città in cui ha sempre vissuto e lavorato – offrendo nuovi spunti interpretativi e chiavi di lettura.”

1953_I luoghi deputati

La mostra, nata dal costante scambio e dialogo intercorsi negli anni tra Mari stesso e il curatore Hans Ulrich Obrist, racconta oltre 60 anni di attività progettuale, dall’arte al design, dall’architettura alla filosofia, dalla didattica alla grafica.

Il progetto espositivo è articolato in una sezione storica, a cura di Francesca Giacomelli, e in una serie di contributi di artisti e progettisti internazionali – Adelita Husni-Bey, Tacita Dean, Dominique Gonzalez-Foerster, Mimmo Jodice, Dozie Kanu, Adrian Paci, Barbara Stauffacher Solomon, Rirkrit Tiravanija, Danh Vō e Nanda Vigo, oltre a Virgil Abloh per il progetto di merchandising – invitati a rendere omaggio a Mari attraverso installazioni site-specific e nuovi lavori appositamente commissionati. Un contributo particolare è quello di Nanda Vigo che nell’opera inedita, ideata per la mostra, prima della sua scomparsa, reinterpreta con la luce due dei lavori più celebri di Mari, i 16 animali e i 16 pesci.

1957_I sedici animali

La sezione storica si sviluppa a partire dal riallestimento dell’ultimo progetto espositivo dell’autore, Enzo Mari. L’arte del design, tenutosi alla GAM, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino nel 2008-2009, di cui Mari stesso aveva seguito la curatela, l’allestimento e il catalogo (un progetto globale). La mostra presenta un corpus che raccoglie una selezione di circa 250 progetti di Mari – dalle Pitture degli anni Cinquanta alle Strutture degli anni Cinquanta e Sessanta (Arte programmata), dalla serie di contenitori Putrella (1958) ai multipli d’arte de La Serie della Natura (1961-1976), dai vasi delle Nuove proposte per la lavorazione a mano del marmo. Serie Paros (1964) agli Allestimenti modulari di cartone (1964-1970), dal progetto per la Copertina della Collana Universale Scientifica Boringhieri (1965) alla sedia Box (1971), dall’Autoprogettazione (1973) alle ciotole della Proposte per la lavorazione a mano della porcellana. Serie Samos (1973), dalle 44 valutazioni (1976-2008) alla sedia Tonietta (1980), dai progetti non realizzati Tre piazze del Duomo (1982) all’Allegoria della dignità (1988), dalle Lezioni di disegno (2007- 2008) fino al progetto Per un Nuovo Museo del design per la rivista “Abitare” (2009-2010) – considerati tra i più rappresentativi dei quasi 2.000 ideati nel corso della sua carriera. Le opere sono esposte in ordine cronologico, senza distinzioni fra discipline, tecniche e tipologie di ricerca.

2002_Multiplo con i componenti-© Triennale Milano - foto Gianluca Di Ioia

In parallelo, diciannove Piattaforme di Ricerca, ideate per la mostra in Triennale, presentano approfondimenti su altrettanti progetti dai quali emergono le tematiche centrali nella pratica e nella poetica di Mari: le prime indagini sulle ambiguità percettive, le ricerche sulla produzione sperimentale, le ricerche sulla produzione di serie, il tema dello standard, etc. Negli approfondimenti è inclusa una selezione delle Allegorie – tra queste la prima Modulo 856 (1967), l’esercizio critico di progetto Proposta per un’autoprogettazione (1974), Perché una mostra di falci? (1986), l’ultima realizzata dall’autore Sessanta fermacarte (2010) - e degli ultimi progetti realizzati da Mari negli anni successivi alla mostra antologica di Torino, tra i quali lo scenografico progetto di allestimento dell’esposizione Vodun, African Voodoo (2011) disegnato per la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi nel 2010, di cui è riproposto un ambiente dai potenti rimandi formali alle strutture dei modelli che costituiscono la Proposta per un’autoprogettazione del 1974.

Installation_View_1- © Triennale Milano - foto Gianluca Di Ioia

Completa il percorso una serie di video interviste realizzate da Hans Ulrich Obrist che testimoniano la costante tensione etica di Mari, la sua profondità teorica e la straordinaria capacità progettuale di dare forma all’essenziale. Con la retrospettiva su Enzo Mari e il Museo del Design Italiano l’intero piano terra del Palazzo dell’Arte è così dedicato al design italiano. L’esposizione si inserisce nel percorso iniziato da Triennale e dal suo Museo con le grandi mostre dei Maestri del design (Mario Bellini, Osvaldo Borsani, Achille Castiglioni, Ettore Sottsass). Un percorso che continuerà nell’aprile del 2021 con l’esposizione dedicata a Vico Magistretti.
I Partner Istituzionali Eni e Lavazza, il Partner Tecnico ATM, l’Institutional Media Partner Clear Channel sostengono Triennale Milano anche per la mostra Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli.

September 4, 2020No Comments

Venezia stupisce sempre.

È in corso la 77° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia, organizzata dalla Biennale di Venezia e avente sede al Lido di Venezia dal 2 al 12 settembre 2020

Per l’occasione è stata allestita una Mostra, riconosciuta dalla FIAPF (Federazione Internazionale delle Associazioni di Produttori Cinematografici), che vuole favorire la conoscenza e la diffusione del cinema internazionale in tutte le sue forme di arte, di spettacolo e di industria, in uno spirito di libertà e di dialogo. 

Tra le offerte culturali in corso si segnala la mostra Le muse inquiete, La Biennale di fronte alla storia, visitabile fino a martedì 8 dicembre 2020. Organizzata da La Biennale di Venezia nella ricorrenza dei 125 anni dalla sua fondazione, ha sede al Padiglione Centrale dei Giardini della Biennale ed è stata realizzata dall’Archivio storico della Biennale – ASAC. La mostra è curata per la prima volta da tutti i direttori dei sei settori artistici che hanno lavorato insieme per ripercorrere, attraverso le fonti uniche dell’Archivio della Biennale e di altri archivi nazionali e internazionali, quei momenti in cui La Biennale e la storia del Novecento si sono intrecciate a Venezia. 

La mostra propone un itinerario attraverso l’Archivio Storico della Biennale di Venezia, ripercorrendo alcuni momenti fondamentali del Novecento durante i quali guerre, conflitti sociali, scontri generazionali e profonde trasformazioni culturali hanno premuto contro i confini dell’Istituzione veneziana. L’Esposizione presenta documenti storici, materiali d’archivio, fotografie, filmati rari, e opere d’arte provenienti dal prestigioso Archivio ASAC e da altri fondi e istituzioni nazionali.

Qui è scaricabile tutto il programma.

Ma le novità non finiscono. A stupire c’è anche Ocean Space. Situato nella Chiesa di San Lorenzo, e inaugurato nel marzo 2019, Ocean Space è un’ambasciata per gli oceani, un centro che incoraggia un maggiore impegno e l’azione collettiva sulle questioni più urgenti che gli oceani devono affrontare oggi. Tra gli obiettivi che TBA21–Academy, suoi fondatori e guide, vogliono raggiunere, c'è la valorizzazione dello spazio come un nuovo centro globale per catalizzare l’alfabetizzazione, la ricerca e il sostegno di tematiche oceaniche attraverso l’arte. 

Oggi è in mostra OCEANS IN TRANSFORMATION. TERRITORIAL AGENCY fino al 29 Novembre. Attraverso video art e proiezioni, questa mostra intende sensibilizzare il pubblico sul mutamento degli oceani come specchio di un pianeta terra che si evolve in fretta.

Gli oceani sono costantemente soggetti a rapide trasformazioni, e tuttavia la conoscenza delle stesse procede ancora molto lentamente, paralizzata tra forme di segregazione culturale consolidate e separazione tra attività umane di terra e di mare. Questa divisione deve essere rivista per affrontare con urgenza le vaste trasformazioni in atto negli oceani.

Qui la presentazione digitale.

Rivolgendo lo sguardo su una Venezia senza tempo, sono anche le mete più tradizionali a stupire oggi. L’iconico Caffè Florian porta i suoi tavolini in Piazza, restituendo alla città uno dei principali scopi del luogo stesso: la condivisione. Le piazze storicamente sono il centro della città, occasione di ritrovo, di scambio merci, di chiacchiere. Forse, in questa nuova realtà, tra distanziamento sociale e coatta occupazione del suolo pubblico da parte del locali (per pura necessità) Piazza San Marco vedrà il suo suolo ripopolato.

Intramontabile è il Museo Olivetti nel vecchio edificio delle Procuratie sul bordo settentrionale della piazza. Lo show-room è stato progettato da Carlo Scarpa, uno dei più importanti architetti italiani del XX secolo, incaricato da Adriano Olivetti nel 1956, dopo aver ricevuto l'Olivetti Architecture Award. Tra le produzioni Olivetti in mostra, si segnalano chicche architettoniche come la scultorea porta di ingresso e la fluttuante scala che collega il piano terrra al primo piano. Lastre di pietra collegate tra loro con un perno centrale in ottone.

Infine, nel ghetto ebraico, ha da poco riaperto La Casa dei Tre Oci, così chiamata per le tre grandi finestre che si affacciano sul bacino di San Marco, rendendo inconfondibile il palazzo. Recentemente restaurato dalla Fondazione di Venezia, il palazzo, con la direzione artistica del critico di fotografia Denis Curti, ospita mostre fotografiche ed iniziative volte alla promozione di un linguaggio contemporaneo. Ora e fino al 10 Gennaio 2021 si può vedere JACQUES HENRI LARTIGUE. L'INVENZIONE DELLA FELICITA'. FOTOGRAFIE che racchiude 120 immagini dell’autore francese di cui 55 inedite. Latrigue deve la scoperta del suo lavoro ad una importante retrospettiva al MoMA di New York nel 1963. Da lì, un successo ormai in tarda età, ma che gli ha permesso di essere riconosciuto in tutto il mondo.

November 23, 2017No Comments

“Monet: the very first Instagrammer!”

Is how Francesco Menconi, theater director, and art lover, well defined Monet’s series. I totally fell in love with this ironic, but accurate definition.

Impressionists in London” is the current EY Exhibition on display at Tate Britain from the 2nd November 2017 to the 29th April 2018.
On sight, are the paintings depicting London from the major impressionists’ point of view. It is surprising how familiar they could seem. Not only because, of course, they represent London’s landmarks, but especially because they represent a common feeling. Claude Monet, Alfred Sisley, Camille Pissarro among others at that time were looking for a place to escape the Franco-Prussian War. London, with his thriving art market, was definitely an attractive destination. For this reason, their paintings communicate passion, anger, and wait. Watching them, we can see and feel nostalgia, melancholy, and a truly fascinating atmosphere. These are exactly the feelings I've felt, moving from Italy to London and trying to familiarize with such a huge city. For these reasons, I am sure that this exhibition could be revealing for many tourists and newcomers, but could also be nothing more than a showcase of technical practices for the more skeptical and disenchanted others. Indeed, it is a strongly criticized exhibition, even defined as "dull" and "the worst show about impressionists" by some journalists.
A part of personal judgments, the six paintings from Claude Monet’s famous Houses of Parliament series on display, are real masterpieces. Each one held in the collections of different museums across the USA, France, and Germany. This grouping is the largest number of works from the series to be exhibited in Europe since 1973, and the room that put together paintings depicting river Thames (with many different filters as if it was on Instagram) is magical. Visitors can draw comparisons between the works. Including the variations in the color of the water, the appearance of the sky and the changing atmosphere due to London's infamous fogs. 

I know that you will probably get lost in Winter Wonderland, but it is definitely worthy to see for those who passed by London in this winter season!

March 5, 2017No Comments

Keith Haring, solo colore e divertimento?

Quando si decide con leggerezza di andare a visitare la mostra di Keith Haring, probabilmente non si ha ancora piena consapevolezza della profondità delle tematiche trattate dall’artista. Le grafiche estremamente colorate e divertenti da anni ingannano l’osservatore illudendolo di essere un’arte frivola e decorativa, adatta a star sui cappellini, sulle magliette, sulle tazze da colazione. Eppure l’artista statunitense non può essere ridotto alla giocosità con cui si presentano le sue opere. L’arte da lui espressa ha a che fare con l’infinito, con quei valori umani profondi, che sembrano aver radici nei secoli. Con la sua semplicità si aggrappa alla forza di un messaggio universale, capace di essere letto da diverse culture e con l’eternità propria di quei pensieri sempre veri, sempre autentici, sempre sinceri.

Keith Haring, UNTITLED 1984, smalto su legno intagliato

Keith Haring, UNTITLED 1984, smalto su legno intagliato

“Keith Haring – about art” è la tanto attesa retrospettiva, che porta in scena a Milano uno dei più famosi ed apprezzati graffitisti di tutti i tempi. Capire come mai la sua arte sia così diffusa e conosciuta in tutto il mondo, è davvero intuitivo. Le opere hanno la capacità di creare un forte legame con lo spettatore fin dal primo sguardo. Ciò che attrae inizialmente sono i colori: accesi, forti, fluorescenti, maleducati, irriverenti. Subito dopo colpiscono i segni. Sulla tela sembra formarsi un labirinto nel quale perdersi. Mentre si segue una linea nera con lo sguardo ci si accorge che è solo una parte di un tutto e che la visione di insieme crea delle immagini precise, dei simboli che portano con sé svariati messaggi, che ho trovato divertente decifrare con gli amici. Allontanandosi dalla tela, come fossero dipinti impressionisti, si scorgono i soggetti: omini dal sesso non identificato, neutro: né uomini, né donne, o forse sia uomini, sia donne; angeli con grandi ali spiegate, bambini, omini col pancione, simboli fallici. È tutto un ordinato intreccio di figure precise, ma dall’interpretazione molteplice.

Keith Haring, UNTITLED

Keith Haring, UNTITLED

Sono diverse le battaglie combattute dall’artista, prima fra tutte quella contro l’omofobia al quale egli dedica l’opera “San Sebastiano”. Considerato la prima icona gay, le cui frecce-aeroplano sembrano quasi essere dei segni premonitori.

Keith Haring, St. Sebastian

Keith Haring, St. Sebastian

Sono altrettanti i messaggi positivi che le sue opere danno: amore, fratellanza e famiglia sembrano essere i rimandi più frequenti delle sue metafore.

Keith Haring, The Tree of Life

Keith Haring, The Tree of Life

Le sale sono affascianti e divertenti allo stesso tempo. Il lavoro curatoriale e l’allestimento, impeccabili. Anche l'illuminazione è fenomenale, con i faretti profilati (la luce inquadra precisamente solo l'opera, seguendone la forma).

Keith Haring, Palazzo Reale

Keith Haring, Palazzo Reale

Ogni sala affronta una tematica diversa, sviscerando le maggiori influenze che hanno segnato il lavoro dell’artista: dai miti greci, alla storia romana (le mie due sale preferite sono quelle ad essi dedicate), a Picasso, a Klimt, a Warhol, fino alla sua grande passione d’infanzia: i cartoons.

Keith Haring, Medusa

Keith Haring, Medusa

Keith Haring, serpente

Keith Haring, Serpente

La mostra vuole riportare l’attenzione su alcune tematiche cruciali che stanno dietro alla produzione artistica di Keith Haring, abbinando sapientemente cultura ed intrattenimento. Risulta così una mostra estremamente interessante, piacevole da visitare e che offre innumerevoli spunti per scambiare opinioni con gli amici visitandola in compagnia. Consigliatissima!

Inoltre, sembra proprio che le capacità premonitrici dell'artista, non siano svanite! Vi ricorda qualcosa questo quadro?

Keith Haring, scimmia

Keith Haring, Scimmia

http://www.palazzorealemilano.it/wps/portal/luogo/palazzoreale/mostre/inCorso/KEITH_HARING

http://www.pictaram.com/user/artebella.it/4110431485

 

February 23, 2017No Comments

Osservando l’Osservatorio: che osservazioni! (firmate Prada, ovviamente)

Finalmente sono riuscita ad andare alla scoperta del nuovissimo spazio espositivo milanese firmato Prada: l’Osservatorio.
Inaugurato il 21 Dicembre 2016 si occupa di fotografia ed espone i nuovi linguaggi visivi che la utilizzano in vari modi.

Questo spazio mi ha incuriosita fin dal principio, grazie alla location spettacolare (5° e 6° piano di uno degli edifici centrali della galleria Vittorio Emanuele). Le aspettative che si creano sono davvero alte e sorge spontaneo chiedersi se i contenuti della mostra siano effettivamente all’altezza del contesto in cui si trovano.

Innanzitutto, bisogna trovare l’ingresso. Un’operazione che può sembrare molto semplice, ma che se non si ha ben chiaro cosa si sta cercando, non lo è affatto.

E' situata nella prima metà della galleria (arrivando da piazza Duomo) e si trova sulla destra, poco prima delle vetrine di Prada uomo. Fin da subito si fa sentire il peso del lussuoso contesto: ad accoglierti c’è il listino prezzi di Marchesi, la storica pasticceria di Milano situata nello stesso palazzo, con elegante ascensore di marmo verde, raffinato e piccino.

Ingresso Fondazione Prada, Galleria Vittorio Emanuele, Milano

Ingresso Fondazione Prada, Galleria Vittorio Emanuele, Milano

Una volta arrivati il personale è molto cordiale e ben disposto a fornire qualsiasi spiegazione. La mostra in scena è “Give me Yesterday”, un insieme di lavori di 14 artisti che raccontano le loro personalissime storie, accomunate solo dal medium utilizzato: la fotografia, e dal modo con cui questa viene utilizzata. Per poter comprendere tutto ciò è necessario munirsi della brochure, che fornisce oltre ad autore e titolo delle opere, anche qualche concetto chiave per poter comprendere ed apprezzare ciò che si sta per guardare.

Give me Yesterday, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Give me Yesterday, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Le opere esposte al primo piano sono le più bizzarre, passatemi il termine. Si rimane forse un po’ straniti osservando scatti provocatori di una signora non più tanto giovane, che posa semi-nuda con sfacciata disinvoltura. Leggendo si scopre essere la madre dell’artista e che l’effetto desiderato è proprio quello di sdoganare i tabù sulla sessualità. Incuriosisce anche il video che proietta album fotografici di famiglia sulla base di “Day-O (The Banana Boat Song)” di Harry Belafonte https://genius.com/Harry-belafonte-day-o-the-banana-boat-song-lyrics, canto popolare giamaicano innalzato dai lavoratori serali nei campi di banane o, per gli amanti dell’hip-hop come me, l’intro della canzone “6 foot 7 foot” di Lil Wayne https://youtu.be/c7tOAGY59uQ, che speri tanto parta a tutto volume.

Leigh Ledare, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Leigh Ledare, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Con la seconda sala è più facile familiarizzare, offre immediati spunti di riflessione ed occasioni di dialogo, se si è in compagnia. Interessante è il lavoro di una ragazza bolognese con le polaroid: "Ho preso le distanze", in cui ritrae amici e famigliari tanto distanti dall’obiettivo quanto è confidenziale il loro rapporto con l’autrice. Oppure gli scarabocchi con Photoshop di Kenta Cobayashi, che mi hanno immediatamente ricordato quando da piccola pasticciavo con Paint. Confortante è la linea di orizzonte continua fatta accostando i paesaggi di Puglia e Sardegna, ognuno di noi ha a cuore un orizzonte e questa serie di fotografie ce lo ricordano.

"Orizzonte in Italia" Antonio Rovaldi, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

"Orizzonte in Italia" Antonio Rovaldi, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Unica pecca di tutta la mostra? Essendo le opere concettuali ed a volte “difficili”, si rischia di passare più tempo ad ammirare l’incantevole struttura della cupola, che sembra un delicato pizzo in vetro e ferro, che a guardare la mostra in sé.

Cupola della Galleria Vittorio Emanuele, Milano

Cupola della Galleria Vittorio Emanuele, Milano

Immancabile dopo la visita il caffè da Marchesi al piano inferiore, 5 € per un caffè (se volete potete ordinare anche solo un bicchiere d’acqua) e la corsa in piazza Duomo a vedere le palme.

Palme in Piazza Duomo, Milano, Italia

Palme in Piazza Duomo, Milano, Italia

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