October 15, 2020No Comments

Una galleria d’arte nascosta, al Vik Gallery Milano

Se si vuole andare a caccia di arte contemporanea, magari in punta di piedi, senza fare troppo rumore e nemmeno creare spaventosi assembramenti, pur sempre potendo godere di un’offerta culturale contemporanea, di bellezza, e una curatela di qualità, beh, la Galleria Vik Milano fa sicuramente al caso vostro. Lontana da schiamazzi e dalla mondanità di grandi opening vecchio stile, al secondo piano dell’Hotel Galleria Vik Milano, si nasconde uno spazio espositivo chiamato Galleria 210, che funziona come uno spazio dedicato esclusivamente all’arte contemporanea, attraverso la presentazione del lavoro di artisti italiani e internazionali.

La location esclusiva rende la visita inaspettata e piacevole, non solo grazie alle finestre che si affacciano all’interno di Galleria Vittorio Emanuele, ma anche grazie al contesto in cui è situata: L’Hotel raccoglie il meglio della scena artistica italiana e internazionale, decorando ogni singola stanza con lavori unici di artisti selezionati dal curatore Alessandro Riva. Galleria Vik Milano si caratterizza così come un vero e proprio museo privato oltre che come uno degli hotel più originali ed esclusivi del mondo. Dopo mesi di chiusura dovuti al lockdown riprende la sua attività non solo come luxury hotel, ma anche come contenitore d’arte, di bellezza e di cultura.

Galleria Vittorio Emanuele Milano, Ph Davide Malki

TOMOKO NAGAO
WOMEN IN POP
Curated by GEL - Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci
October 8th – November 15th 2020
Galleria Vik Milano210 Art Gallery, II floor

La prima mostra del dopo lockdown di Galleria Vik è dedicata alla produzione più recente dell’artista di origine giapponese, da anni stabilitasi in Italia, Tomoko Nagao, tra i più interessanti esponenti del new pop nipponico. Il titolo della mostra, Women in Pop, allude alla scelta dell’artista di fornire uno sguardo esplicitamente femminile sulla società contemporanea, con una forte connotazione di critica sociale, soprattutto rispetto all’invasività di marchi di aziende e multinazionali nella nostra vita, benché sempre all’interno di una cornice estremamente pop, ironica e divertita. Riguardo all'arte di Tomoko, scrive la curatrice della mostra, Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci:

“L’icona, spesso ridotta a mero feticcio o baluardo del femminismo, è ricondotta stavolta alla ricerca di un archetipo, è quello di Hello Kitty, dell’estetica Kawaii, di una leggerezza non superficiale. L’immagine della donna è colorata ma non dirompente, viva e vivace ma non ingerente. La donna di Tomoko è una donna amica, che tende la mano, e dunque davvero “pop” nell’originario significato di “popular”: una donna, insomma, che vuol parlare a tutti."

Tomoko Nagao, Gioconda water-blue ribbon white dots, 2018, oil on canvas, 100 x 120cm
Tomoko Nagao, Gioconda water-blue ribbon white dots, 2018, oil on canvas, 100 x 120cm

La scelta dell’artista, tipica della cultura post-moderna, di rivisitare i soggetti classici dal passato e in particolare dalla storia dell’arte (dalla Gioconda, alla Medusa di Caravaggio, alla Venere del Botticelli) è sempre caratterizzata dal desiderio di alleggerire e desacralizzare i riferimenti storici con intenti ironici, giocosi e parodistici: come con la Gioconda rivisitata, sempre con la fisionomia di Hello Kitty (il celebre personaggio delle anime giapponesi amato dalle ragazzine di tutto il mondo); o Margherita l’infanta di Spagna, già celebrata da Velázquez, riproposta da Tomoko, con tanto di lattina di Coca Cola in mano, in chiave Kawaii (carino, in giapponese); o Salomè, trasformata per l’occasione in una buffa icona pop la cui testa, in ceramica smaltata, ci si presenta appoggiata su un piatto (lo stesso sul quale la donna si dice presenterà a Erode la testa del Battista); o la Madonnina di Milano trasformata, incredibilmente, in una icona giovanile e superpop.

E poi, ancora, ecco i personaggi maschili misteriosamente tramutati dalla magia di Tomoko in altrettanti personaggi femminili: come San Gerolamo, erudito asceta immortalato da molti artisti in una caverna con i suoi libri, trasformarsi, nella versione pop di Tomoko, in una qualsiasi ragazza di oggi, chiusa nella sua cameretta con smartphone e pc.

san girolamo with apple chanel kitty and damien hirst 2020 oil on canvas 100x120cm-p1-200dpi
Tomoko Nagao, San Girolamo with Apple Chanel Kitty and Damien Hirst, 2020, oil on canvas, 100 x 120 cm

Il lavoro di Tomoko presentato in Galleria Vik Milano negli spazi della 210 Gallery si articola attraverso i diversi linguaggi utilizzati dall’artista: la pittura a olio, che risente della lezione di NaraYoshimoto, con cui l’artista ha studiato in Giappone; quella realizzata a stencil e spray, che si rifà alla scuola dell’arte di strada, che l’artista ha praticato in numerose occasioni, all’interno di festival e manifestazioni di street art (realizzati anche, nella sua ultima produzione, su supporti o insoliti, come il PVC, dai toni iridescenti e riflettenti, in grado di rendere l'icona sempre più leggera e fluttuante); quella grafica, nella quale si incrociano, in una folle sovrapposizione di motivi differenti, riferimenti antichi e contemporanei, citazioni dalla storia dell’arte, marchi di multinazionali, personaggi dei fumetti e delle anime; e, infine, quella plastica, cui l’artista si è dedicata solo di recente, con sculture in resina dall’effetto pop e dalla fortissima suggestione visiva.

Tomoko Nagao, Salome emerald, 2016, Sculpture acrylic resine, 30 x 33 x 23 cm

March 29, 2020No Comments

Londra

Rubrica di viaggi (mentali)
Chi l'ha detto che tra le mura di casa non si può viaggiare?

Ecco a voi una piccola guida con le illustrazioni di Anna, per continuare a viaggiare in compagnia. Segui il cappellino rosso di Eleswim tra città, musei, viaggi mentali e cibo.

Londra by Anna Obert
Eleswim traveling to London by Anna Obert
London Skyline
London Skyline from the Shard, March 2020

Per molti stranieri residenti all’estero non è stato facile scegliere cosa fare a fronte del lockdown a catena di ogni Stato e decidere se affrontare l’odissea per tornare al proprio paese oppure, armarsi di pazienza e rimanere fermi. Io sono tornata nella mia città natale, sebbene Londra sia stata la mia casa per questi ultimi due anni e mezzo. Doverla abbandonare così di fretta è stato sicuramente difficile. Tutto questo però non impedisce né a me, né a voi di tornare a visitarla, almeno con il pensiero. Cosa c’è di più bello di una passeggiata lungo il fiume, con i grattacieli a far da sfondo, la pioggerellina tenue abituale compagna, i runners, gli skaters, i fastidiosi bikers a fare da contorno… dove saremo diretti?

St. Paul Cathedral, Millennium Bridge, London
St. Paul Cathedral, Millennium bridge view from Bankside, London, UK

Risalendo River Thames si arriva al Millennium Bridge, ponte pedonale che sta prorpio di fronte a... La Tate Modern!

Tate Modern
Tate Modern by Anna Obert

Maestoso complesso in mattoni rossastri, la Tate Modern si sviluppa lungo il Tamigi, opposta alla cattedrale di St. Paul, ma attenta a non rubare la scena. La prima volta che ho messo piede qui dentro mi sono ritrovata in un ingresso spaziosissimo, la Turbine Hall, che all’epoca (due annetti fa) ospitava il pensiero di Superflex, una collettiva di designers che progettando spazi ricreativi, hanno voluto offrire spunti di gioco ed incontri, sotto l’altissimo soffitto in ingresso. Ne ha parlato anche Dezeen

Superflex installation, Turbine Hall, Tate Modern, October 2017

La Tete Modern ha ospitato mostre spettacolari dalla sua apertura nel 2000 ad oggi. Siamo fortunati abbastanza da poter godere di un’ampia trasposizione online delle sue sale, con racconti e spiegazioni utili. Come la libreria multicolor dell'artista Afro-Inglese Yinka Shonibare CBE, opera che racconta come il Regno Unito di oggi sia frutto di ondate migratorie continue, un mix di etnie e culture differenti che da anni popolano le sue terre, a volte solo di passaggio, a volte per restare.

May 2019, The British Library of Yinka Shonibare
Olafur Eliasson Exhibition, Tate Modern, July 2019

Tanta cultura mette fame... Dopo ore al Museo, fisico o virtuale che sia, è ora del ristoro.

Che fare quindi ora? Non ci resta che mangiare… 

Fish & Chips by Anna Obert

The End.

November 8, 2016No Comments

Sarà mica Arte questa!

Domenica 6 Novembre si è conclusa Artissima, una delle più importanti Fiere dell'Arte Contemporanea che abbiamo in Italia.

Il fenomeno delle Fiere d'arte è in continua crescita ed espansione, sia dal punto di vista dei numeri (sempre più espositori, sempre più visitatori), sia dal punto di vista della popolarità. I grandi collezionisti provenienti da tutto il mondo, infatti, non hanno né voglia né tempo di girare ogni singola galleria del Pianeta Terra per selezionare le opere da acquistare ed è sicuramente a loro più comodo trovarle tutte assieme una accanto all'altra in un unico grande sito.

Inoltre, come ogni Fiera che si rispetti, Artissima prevede tutta una serie di eventi ed attività collaterali, che rende la città di Torino frenetica. E' così che si passa ad un ritrovo per esperti del settore, ad un'occasione di intrattenimento per tutti.

La Fiera ha tenuto aperto quattro giorni, durante il primo – snobbissimo – giorno possono accedere solo i collezionisti, o chi nel mondo dell'arte ci lavora. Da Venerdì in poi è aperta ai comuni mortali. La prima impressione che si ha visitandola è, come anticipato dal titolo, ma è veramente arte questa?, non basta un'occhiata veloce per poter giudicare le opere contemporanee, la maggior parte sono difficili e concettuali, che sembrano non significare nulla, o non essere addirittura arte. Come si fa dunque a capirci qualcosa essendo un comune mortale, alias, un semplice turista? Bisogna chiedere!

Ecco però comparire il primo grande ostacolo: il gallerista-tipo non risponderà mai. Questo rende l'impresa ancora più ardua, motivo per cui armarsi di pazienza è il secondo grande requisito da avere, unito a buona volontà e tanta sana curiosità. Solo così si riesce ad estrapolare qualche timida informazione su ciò che si sta osservando e si può cominciare a guardare le stranezze e bizzarrie dell'arte dei nostri tempi con meno pregiudizi e più interesse.

Personalmente ho apprezzato moltissimo l'area dedicata alle librerie: stand che espongono meravigliosi lavori di grandi artisti (più moderni che contemporanei), presentando piccole stampe e disegni su carta, ideali per i collezionisti alle prime armi, che ancora non possono permettersi un Damien Hirst da 12 milioni di dollari. I proprietari di queste editorie d'arte sono molto disponibili e pronti a raccontare la storia che c'è dietro ai manuali che espongono. Ho veramente amato girare in mezzo a quei piccoli capolavori firmati da nomi come Fontana, Castellani, Pomodoro, Boetti.

Al di là dell'estrema soggettività con cui si possa aver vissuto la Fiera e i suoi lavori, vi è stato qualcosa di universalmente percepibile: le ricorrenti tematiche sociali che diffondevano un grande senso di angoscia ed allarmismo. Tante le provocazioni e tanto il senso di disagio. Sono rimasta molto colpita – e quasi disturbata – dall'opera del polacco Karol Radziszewsky presso la "Galerie BWA Warszawa". Essa rappresentava un intero muro pieno di fotografie, molto esplicite, raffiguranti una fittizia gay-gang “Fag Fighters”, fotografata nell'intento di scatenare scompiglio nelle strade dell'Europa dell'est, infliggendo pene tratte dai peggiori incubi omofobici, il tutto mascherati da cappucci rosa. Le immagini risultavano pietose, con rapporti sessuali violenti, non censurati, volgari e molto lontani da una possibile connotazione erotica o dal senso di piacere. L'artista, fondatore della rivista “Dik Fagazine”, che documenta la vita delle persone omosessuali nel vecchio Regime Sovietico, è sicuramente riuscito a richiamare l'attenzione dello spettatore.

Altro lavoro particolarmente inquietante è stato quello dell'artista cinese Li Wei. Egli ha ricreato un perfetto salottino borghese, con tanto di pareti dall'improbabile colore verde oliva, una poltroncina in velluto – che anche nostra nonna ha avuto il buon gusto di rinchiudere in soffitta – da un adorabile Yorkshire bianco – talmente adorabile da incutere terrore – e dalla riproduzione in silicone e vetroresina di un bambino dalla carnagione un po' troppo pallida e dalla smorfia un po' troppo plastica, che nascondeva dietro di sé una simpatica bomba a mano.

Probabilmente è stata la seconda opera più fotografata, dopo la citazione di Alfredo Jaar al romanzo del 1971 di Nanni Balestrini: “VOGLIAMO TUTTO”, situato allo stand della galleria "Lia Rumma" e pronto ad accogliere i visitatori trepidanti.

Tematiche sociali, senso di angoscia, qualche video-art qua e là, poche fotografie, un'intera area dedicata alle performances e tanto, tanto neon, hanno caratterizzato la ventitreesima edizione di Artissima. Forse ho fatto bene a non comprare quella meravigliosa opera d'arte sottoforma di glitter verdi/azzurri gettati a terra, a quest'ora sarebbero già finiti nel Folletto di mia madre.

artebella unisce professionisti del settore artistico e creativo con media di tendenza per creare contenuti innovativi

Per informazioni sugli artisti o per richiedere una consulenza  scrivi a ciao@artebella.it

newsletter iscriviti alla newsletter di artebella 

2020 © ARTEBELLA / Tutti i diritti riservati