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Intervista ad Andrea Isola, Exhibition Design

Andrea Isola, Exhibition Designer, classe 1990. Originario di Cagliari, Sardegna, dopo la Laurea Triennale in Architettura, si trasferisce a Torino dove consegue la Laurea Magistrale in architettura sostenibile.


É proprio durante gli studi che Andrea si affaccia al mondo delle Fiere d’arte, innamorandosene.
Lavoro di squadra, progettazione degli spazi, installazioni e contatto diretto con l’arte, sono solo alcuni degli aspetti che colpiscono Andrea fin da subito. L’approccio fieristico al mondo dell’arte, vissuto con gli occhi di un architetto, fa nascere in lui l’esigenza di creare un connubio tra la sua preparazione professionale e il fascino e la passione per il mondo dell’arte.


Con questa premessa Andrea fonda nel 2017 Startarch, assieme ad altri tre soci. Startarch è uno studio di progettazione mostre, fiere d’arte, stand fieristici.
Il progetto di debutto è una commissione da parte della Fondazione Sardi per l’Arte, che chiede allo studio un progetto “chiavi in mano”. È con passione ed entusiasmo che Andrea si trova ad allestire completamente da zero una mostra fotografica personale dell’artista Fatma Bucak all’interno della Biblioteca dell’Università di Torino, palazzo storico. Progetto che si rivela un grande successo e motivo di orgoglio per il giovane studio.

Secondo Andrea, ci sono tanti piccoli accorgimenti che possono portare al successo di una mostra. Primo tra tutti è una grafica accattivante, che influenza fin da subito lo spettatore. Anche la luce è elemento chiave per Andrea, infatti sottolinea: “se si fa una mostra di oggetti del 1200 bisogna illuminarli con un certo tipo di luce, non con il classico faretto, come quando si va ad illuminare un Caravaggio, che si potrebbe rovinare”. Esempio di utilizzo della luce approssimativo è vedere il riflesso dei faretti sul vetro protettivo di un quadro, spiega Andrea. Questo può determinare la presenza o meno di uno studio dietro la progettazione della mostra. Anche il colore gioca un ruolo fondamentale: all’interno di spazi ampi può significare un elemento che cattura l’attenzione del visitatore. “Io quando progetto penso soprattutto al visitatore”, racconta Andrea, che con quest’ottica ci parla di come lui cerca sempre di mettere a proprio agio lo spettatore, soprattutto nella progettazione di fiere. "Il visitatore deve sempre essere messo a proprio agio e trovarsi bene negli spazi comuni".

Ascoltare gli obiettivi congiunti di artista e curatore, esaminare la location e pensare alle esigenze del pubblico sono le tre fasi fondamentali che caratterizzano il processo creativo di Andrea. Punti di forza personali sono: l’approccio minimalista all’allestimento, per non sovrastare mai le opere e l’aggiunta, dove serve, del “fattore wow”.

Tra i progetti più particolari, Andrea menziona la realizzazione della VIP Lounge al Kappa FuturFestival di Torino, in cui ha saputo stupire inserendo arte contemporanea all'interno di un Festival di musica elettronica. Infatti, con la collaborazione della Galleria Davide Paludetto, è stato inserito un orso di 4mt x 5 di altezza, fatto di pistole giocattolo, scultura dell’artista contemporaneo Simone Benedetto.

I tre oggetti scelti da Andrea per raccontare la sua professione sono un foglio bianco, da cui tutto ha inizio. Foglio bianco che a volte spaventa, a volte lascia liberi. Il secondo oggetto è una valigia, simbolo dei numerosi viaggi che compie per tenersi continuamente aggiornato con che cosa accade all’estero. Da ultimo Andrea sceglie una rivista, per suggerire la ricerca continua che c’è dietro al suo lavoro.

Guarda l'intervista qui!

November 8, 2016No Comments

Sarà mica Arte questa!

Domenica 6 Novembre si è conclusa Artissima, una delle più importanti Fiere dell'Arte Contemporanea che abbiamo in Italia.

Il fenomeno delle Fiere d'arte è in continua crescita ed espansione, sia dal punto di vista dei numeri (sempre più espositori, sempre più visitatori), sia dal punto di vista della popolarità. I grandi collezionisti provenienti da tutto il mondo, infatti, non hanno né voglia né tempo di girare ogni singola galleria del Pianeta Terra per selezionare le opere da acquistare ed è sicuramente a loro più comodo trovarle tutte assieme una accanto all'altra in un unico grande sito.

Inoltre, come ogni Fiera che si rispetti, Artissima prevede tutta una serie di eventi ed attività collaterali, che rende la città di Torino frenetica. E' così che si passa ad un ritrovo per esperti del settore, ad un'occasione di intrattenimento per tutti.

La Fiera ha tenuto aperto quattro giorni, durante il primo – snobbissimo – giorno possono accedere solo i collezionisti, o chi nel mondo dell'arte ci lavora. Da Venerdì in poi è aperta ai comuni mortali. La prima impressione che si ha visitandola è, come anticipato dal titolo, ma è veramente arte questa?, non basta un'occhiata veloce per poter giudicare le opere contemporanee, la maggior parte sono difficili e concettuali, che sembrano non significare nulla, o non essere addirittura arte. Come si fa dunque a capirci qualcosa essendo un comune mortale, alias, un semplice turista? Bisogna chiedere!

Ecco però comparire il primo grande ostacolo: il gallerista-tipo non risponderà mai. Questo rende l'impresa ancora più ardua, motivo per cui armarsi di pazienza è il secondo grande requisito da avere, unito a buona volontà e tanta sana curiosità. Solo così si riesce ad estrapolare qualche timida informazione su ciò che si sta osservando e si può cominciare a guardare le stranezze e bizzarrie dell'arte dei nostri tempi con meno pregiudizi e più interesse.

Personalmente ho apprezzato moltissimo l'area dedicata alle librerie: stand che espongono meravigliosi lavori di grandi artisti (più moderni che contemporanei), presentando piccole stampe e disegni su carta, ideali per i collezionisti alle prime armi, che ancora non possono permettersi un Damien Hirst da 12 milioni di dollari. I proprietari di queste editorie d'arte sono molto disponibili e pronti a raccontare la storia che c'è dietro ai manuali che espongono. Ho veramente amato girare in mezzo a quei piccoli capolavori firmati da nomi come Fontana, Castellani, Pomodoro, Boetti.

Al di là dell'estrema soggettività con cui si possa aver vissuto la Fiera e i suoi lavori, vi è stato qualcosa di universalmente percepibile: le ricorrenti tematiche sociali che diffondevano un grande senso di angoscia ed allarmismo. Tante le provocazioni e tanto il senso di disagio. Sono rimasta molto colpita – e quasi disturbata – dall'opera del polacco Karol Radziszewsky presso la "Galerie BWA Warszawa". Essa rappresentava un intero muro pieno di fotografie, molto esplicite, raffiguranti una fittizia gay-gang “Fag Fighters”, fotografata nell'intento di scatenare scompiglio nelle strade dell'Europa dell'est, infliggendo pene tratte dai peggiori incubi omofobici, il tutto mascherati da cappucci rosa. Le immagini risultavano pietose, con rapporti sessuali violenti, non censurati, volgari e molto lontani da una possibile connotazione erotica o dal senso di piacere. L'artista, fondatore della rivista “Dik Fagazine”, che documenta la vita delle persone omosessuali nel vecchio Regime Sovietico, è sicuramente riuscito a richiamare l'attenzione dello spettatore.

Altro lavoro particolarmente inquietante è stato quello dell'artista cinese Li Wei. Egli ha ricreato un perfetto salottino borghese, con tanto di pareti dall'improbabile colore verde oliva, una poltroncina in velluto – che anche nostra nonna ha avuto il buon gusto di rinchiudere in soffitta – da un adorabile Yorkshire bianco – talmente adorabile da incutere terrore – e dalla riproduzione in silicone e vetroresina di un bambino dalla carnagione un po' troppo pallida e dalla smorfia un po' troppo plastica, che nascondeva dietro di sé una simpatica bomba a mano.

Probabilmente è stata la seconda opera più fotografata, dopo la citazione di Alfredo Jaar al romanzo del 1971 di Nanni Balestrini: “VOGLIAMO TUTTO”, situato allo stand della galleria "Lia Rumma" e pronto ad accogliere i visitatori trepidanti.

Tematiche sociali, senso di angoscia, qualche video-art qua e là, poche fotografie, un'intera area dedicata alle performances e tanto, tanto neon, hanno caratterizzato la ventitreesima edizione di Artissima. Forse ho fatto bene a non comprare quella meravigliosa opera d'arte sottoforma di glitter verdi/azzurri gettati a terra, a quest'ora sarebbero già finiti nel Folletto di mia madre.

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