October 29, 2020No Comments

Elemental, dove tutto torna all’essenziale

di Selene Stradiotto

Per alcuni l’autunno è la stagione della decadenza dopo la luminosa estate. Il verde delle fronde degli alberi lascia spazio a sfumature aranciate e le foglie non tardano a ricoprire i viali di un manto brunastro. Per altri, invece, l’autunno è la stagione della riflessione, è il momento dell’anno in cui spogliarsi del superfluo per riconoscere le proprie priorità. Si intitola proprio Elemental la sala numero sei della mostra d’arte temporanea in corso a Venezia nella sede di Punta della Dogana e che è protagonista dell’articolo di oggi. Una sala che ci riporta alla semplicità della vita, un ritorno all’essenzialità che ben si presta a interpretare questo periodo dell’anno.

Dallo scorso luglio, dopo il blocco dovuto alla pandemia, la Fondazione Pinault ha riaperto le proprie porte presentando la sua periodica esposizione collettiva. Untitled 2020. Tre sguardi sull’arte di oggi ha visto quest’anno la compartecipazione di tre curatori: Caroline Bourgeois, firma storica della Fondazione, Muna El Fituri artista e storica dell’arte e Thomas Houseago, artista (...). Attraverso le opere di sessantasette maestri, l’esposizione si propone di creare un ambiente conviviale dedicato alla riflessione e all’introspezione personale.

Elemental porta il visitatore in questa dimensione e lo mette in dialogo con se stesso e la natura. Il primo artista presentato è Eduardo Chillida. Ispirato dalla tradizione degli artigiani del ferro spagnoli, Chillida omaggia le onde di Hokusai, l’astrattismo di Brancusi, la verticalità di Giacometti. Si tratta di forme semplici e di linee pulite che evocano le sue origini anche nelle qualità sonore dei manufatti. Le sue sculture giocano tra pieni e vuoti come in uno spartito musicale basco che ondeggia tra tonalità maggiori e minori. Nelle sue sculture, la luce ha un ruolo prioritario. Da sempre affascinato dalla bianca scultura greca affermava: «vengo da un Paese dalla luce nera. L’Atlantico è buio».

Come un filo rosso che accompagna il visitatore tra le sale, compare una serie di fotografie dell’artista austriaca Valie Export. Affermatasi durante gli anni Settanta grazie alle sue performance provocatorie dedicate al ruolo della donna nella società, in questa sala si confronta con la città fisica interrogandosi su quale sia il posto delle donne nello spazio pubblico.

L’osservazione della natura, lo studio dei suoi ecosistemi, la creazione di un contatto sincero e rispettoso tra l’uomo e l’ambiente sono le colonne portanti delle opere contemporanee di Daniel Steegman Mangranè. A un anno dalla prima monografica italiana all’Hangar Bicocca di Milano, l’artista spagnolo presenta per Untitled 2020 un assaggio del suo ventennale lavoro. Affascinato dalle forme geometriche create dal movimento di alcuni insetti della famiglia dei Phasmidi, mette in scena il loro moto. Nella video installazione presentata, il visitatore è invitato ad osservare il lento, elegante e dolce movimento di questi esseri che, mimetizzandosi tra i rami, tengono il suo sguardo incollato allo schermo. Un gioco continuo di apparizioni e sparizioni che diverte chi lo guarda, ma che interroga il rapporto tra le forme geometriche artificiali e quelle naturali.

Nella stanza Elemental non poteva infine mancare un riferimento a Venezia. In questa sala dalla vista unica in cui si contempla nello stesso istante il Canal Grande da una parte e quello della Giudecca dall’altra, si staglia un’opera con protagonista l’acqua. In un gioco di simmetria ed equilibrio, l’artista tedesco George Herold mette insieme cemento, legno e vetro per costruire una struttura multimateriale, una sorta di teca dove vasi di diverse altezze e dimensioni sono appoggiati ad aste di legno inclinate. Interessante il titolo dell’opera associato alla sua collocazione che pare pensata proprio per questa sala di Punta della Dogana, ma che risale a ventiquattro anni fa: Gelandete Horizonte, ovvero ‘orizzonti terrestri’.

Semplicità, delicatezza ed essenzialità sono le parole d’ordine di questa breve retrospettiva attraverso una delle sale di Untitled 2020. A completare il quadro non poteva mancare la purezza. Rei Naito, artista di origini giapponesi da sempre impegnata nello studio della condizione umana, presenta due opere dai colori chiari e dallo stile essenziale. Le sue installazioni parlano della violenza della guerra attraverso forme delicate che contemplano pochissimi elementi: un fiore bianco e un cuscino in seta di organza, piccoli oggetti con cui l’artista si mette in relazione e che per antitesi rappresentano il dolore del popolo giapponese. Rei Naito è, infatti, nata a Hiroshima nel 1961 e il dramma della guerra è nella sua pelle. Come a voler trasformare il male in bene, le sue opere sono il risultato di un esercizio mentale atto a fare della delicatezza il valore più importante. Le sue opere trasmettono serenità e, come a volersi rendere partecipi del periodo in cui stiamo vivendo, parlano di speranza.

Testo a cura di Selene Stradiotto, Storica dell’arte, Mediatrice Culturale presso Fondazione Pinault – Palazzo Grassi & Punta della Dogana
28 ottobre 2020

July 15, 2020 — Comments are off for this post.

Milano e la ripartenza

di Isabella d'Ambrogio

Milano ha riaperto finalmente, una città che accoglie circa dieci milioni di turisti all’anno provenienti da ogni angolo del mondo, capitale della moda insieme a New York e Parigi ma anche punto di riferimento del design del mobile, grazie anche alla Brianza, mente e braccia del mondo del mobile e di tutto ciò che gli ruota intorno che non si limita a esporre in città ma che esporta in tutto il globo: da Pechino a San Francisco, da Dubai a Mosca.

Dopo un periodo di fermo dovuto al lockdown, Milano e la sua arte si risvegliano come d’incanto da quello che sembra essere stato un brutto sogno, un incubo che l’ha costretta a bloccarsi.

Un blocco fisico ma non intellettuale, infatti in questo periodo numerosissime sono state le iniziative del Comune e degli enti privati per favorire la divulgazione della cultura e dell’arte attraverso mezzi telematici come le visite virtuali ai musei e alle mostre e le dirette instagram che hanno consentito a milioni di turisti 2.0 di godersi la vista di magnifiche opere d’arte esposte nei luoghi che rappresentano la nostra città: Palazzo Reale, il Mudec, Fondazione Bracco sono solo alcuni dei nomi dei luoghi che hanno saputo reinventarsi in un momento così difficile per l’uomo.

Un virus, più o meno virulento, più o meno curabile che ha lasciato un numero di vittime enorme, che ha colpito per altro una delle regioni più produttive dell’Italia ma che non ha impedito che la Lombardia si fermasse, al contrario ha dato la possibilità di combattere ancora più ferocemente per rialzarsi, dando prova, ancora una volta che Milano non si ferma mai.

E oggi, in un mondo in cui l’arte è interpretabile, poliedrica, e alla portata di tutti, è bello poter dimenticare tutto per concentrarsi su forme, colori e materiali per riscoprire l’importanza per l’amore per il bello, proprio come il movimento dell’estetismo ci ha insegnato.

Dal 25 maggio è possibile tornare a essere i visitatori in incognito di spazi di valore storico e artistico che si nascondono nei meandri della Lombardia così come tornare ad apprezzare in live le opere esposte, che siano delicate pennellate di olio su tela o figure scolpite in grossi blocchi di marmo.

E così si può visitare, previa prenotazione, la prima mostra in Italia dedicata a Georges de La Tourospitata dalle incantevoli sale di Palazzo Reale fino al 27 settembre, ma anche decidere di compiere un’esperienza immersiva alla scoperta dei misteri ultraterreni dell’Antico Egitto con la mostra Viaggio oltre le tenebre. Tutankhamon RealExperience® fino al 30 agosto sempre a Palazzo Reale, o la mostra dedicata a Cotroneo, un unicum, disponibile fino al 26 luglio, che ha ad o oggetto la fotografia museale, quindi una serie di scatti che ritraggono i visitatori mentre ammirano le opere, facendo così diventare il museo stesso il protagonista dell’arte.

Ridiventa possibile anche farsi un giro al Mudec per vedere o rivedere la loro esclusiva Collezione Permanente o ancora fare un giro nel weekend al Museo del Novecento facendo un viaggio metaforico nell’arte contemporanea magari scoprendo il percorso evolutivo dell'artista Valentino Vago attraverso gli elementi cardine della sua pittura cioè la luce e il colore a cui è stata dedicata la mostra “Focus Valentino Vago” e per chi ancora non se la sentisse di uscire il Museo del Novecento ha messo a disposizione l’esposizione online di numerose opere fra cui “IL QUARTO STATO”  a 100 anni dall’acquisizione dell’opera, e come questa iniziativa tante altre, talmente tante che sarebbe impossibile elencarle e proporle tutte.

Hanno riaperto anche Casa Boschi de Stefano, Triennale Milano comprensiva del Museo del Design e dei suoi giardini, e Fondazione Prada oltre che i   due musei più visitati di Milano: la Pinacoteca di Brera e il Cenacolo, per cui  Il Bacio di Hayez e la celebre Ultima Cena di Leonardo sono senza dubbio da vedere o rivedere.

L’ingresso ai musei è garantito previa prenotazione online sul sito vivaticket.it e per i biglietti a pagamento è obbligatorio l’acquisto del biglietto online. I musei civici sono tutti aperti, per ora, dalle 11,00 alle 18,00 e gli ingressi vengono contingentati sulla base delle misure di sicurezza oggi in vigore. L’uso di mascherina è obbligatoria e i visitatori dovranno attenersi al “percorso a senso unico” stabilito dai vari musei.

Comodamente dal divano di casa propria o andando nei luoghi culto dell’arte meneghina oggi non ci sono più scuse per non immergersi nella cultura.

E ed è estremamente piacevole tornare a sentire il brivido dell’emozione di essere di nuovo a contatto con qualcosa di molto più grande di noi, di qualcosa di intangibile,di  qualcosa che in qualche modo ci da la spinta per tornare a sognare.

Articolo di Isabella d'Ambrogio

May 9, 2020 — Comments are off for this post.

Amsterdam

Rubrica di viaggi (mentali)

La Fase 2 è cominciata, ma per molti poco è cambiato e il rischio per chi vive in città in appartamenti angusti o soffre della classica sindrome da “non posso più viaggiare – aiuto!” è quello di sentirsi intrappolati, in gabbia.

Hortus Botanicus Amsterdam, Serra con farfalle, Elena Lily Rotondo illustration

Niente paura, questa guida, come le altre prima di lei, intende arricchire la vita culturale, nonostante la situazione impedisca di spostarci liberamente. Oggi andiamo a scoprire una città ed un paese che in primavera regalano uno dei più suggestivi spettacoli della natura: la fioritura dei Tulipani. Stiamo parlando dell’Olanda. In particolare, scopriremo come la città di Amsterdam si sia organizzata per intrattenerci virtualmente. 

A spasso in bici per Amsterdam, Elena Lily Rotondo illustration

Dicendo addio alle scorribande in bicicletta e al rischio di essere travolti se si cammina sulla corsia sbagliata, Amsterdam può sembrare diversa senza i fiumi di ciclisti ad attraversarla, ma le sue casette strette e sviluppate in altezza sono sempre affascinanti e i modi per intrattenersi sono molti anche online.

Case Amsterdam, Elena Lily Rotondo illustration

Fun Fact:
Sapete perché le case di Amsterdam sono molto strette e si sviluppano in altezza? In passato, lo Stato riscuoteva una tassa calcolata in base alla superficie occupata sul terreno. Dunque conveniva agli abitanti di questa città costruire case molto strette e molto alte. Esigenza che influenzò fortemente l’architettura della città e l’inserimento di tante finestre sulle facciate frontali per far entrare più luce.

I musei ad Amsterdam sono ancora chiusi, con la riapertura prevista a giugno. Nonostante ciò, è possibile godere ancora della loro immensa bellezza, da casa, comodamente seduti sul divano, con una tazza di caffelatte in mano o un buon calice di vino. Il Rijksmuseum offre svariati tours virtuali, basta scaricare la loro app gratuita. In alternativa, l'app di Google Arts & Culture offre la possibilità di scoprire tutti I Musei più famosi di Amsterdam e approfondire con curiosità e articoli interessanti.
https://artsandculture.google.com/entity/amsterdam/m0k3p?categoryid=place

The Milkmaid, Johannes Vermeer, c. 1660, Courtesy of the Rijksmuseum, Amsterdam

Tra gli altri, anche lo Stedelijk Museum affronta la chiusura con tante inizitive, ad esempio ogni Venerdì pomeriggio alle 14:00 ospita un tour virtuale guidato dai curatore del Museo, esibisce il meglio della sua collezione. Fondamentale è l'interazione del pubblico da casa per rendere il tour partecipativo. Infatti, gli spettatori sono invitati a porre delle domande dirette ai curatori, che rispondono live offrendo interessanti spunti. Ogni Live viene poi pubblicato sull'Instagram del Museo, tra le IGTV, e si può vedere in ogni momento.
https://www.instagram.com/stedelijkmuseum/channel/

Non è finita qua. Anche il popolare Museo di Van Gogh da il suo contributo e continua ad informare ed intrattenere il pubblico.

Coppia davanti al Mandorlo in Fiore, Van Gogh Museum, Amsterdam, Elena Lily Rotondo illustration

Sul sito ufficiale del Museo si può ammirare il famoso dipinto di Vincent Van Gogh, Mandorlo in Fiore, del 1890, in cui viene raccontato che gli alberi fioriti erano uno dei soggetti preferiti da Van Gogh. I fiori di questa pianta, sbocciano presto in primavera, diventando simbolo di vita nuova.
https://www.vangoghmuseum.nl/en/collection/s0176V1962

Van Gogh in questa tela ha subìto l’influenza delle stampe Giapponesi. Il dipinto era un regalo per il fratello Theo e la cognata Jo, poco dopo la nascita del loro bambino Vincent Willem, chiamato così in onore dello zio. Tra le attività online vi sono: lezioni d’arte, disegni per bambini da poter scaricare e stampare, e articoli alla scoperta del famoso pittore.

Nel frattempo, se vi state chiedendo come i cittadini di Amsterdam possano sopravvivere con tutti i Coffee Shops chiusi, probabilmente avrete ragione a preoccuparvi, ma molti dei locali rinomati per Live Music e intrattenimento si sono organizzati per offrire valide alternative per rendere la reclusione più dolce e interessante. Ecco un focus su alcune attività in corso.

Mellow Yellow Coffeeshop in Amsterdam, Elena Lily Rotondo illustration

Mezrab è un locale di Amsterdam che offe musica dal vivo e spettacoli Live di vario genere, principalmente storytelling. Ha creato un Format chiamato The House of Stories in cui ogni Venerdì sera alle 20:30 vi sono esibizioni Live su Facebook per continuare ad intrattenere il proprio pubblico a casa. Inoltre, sul sito sono disponibili una serie di video YouTube e Podcasts con interessanti racconti di regulars di Mezrab e tanti ospiti speciali. Si parla di musica, persone, insicurezze, scienza e molto altro. 
https://mezrab.nl/mtv/

Pakhuis de Zwijger
Localizzato sulla riva Est della città, offre una straordinaria selezione di eventi durante il corso dell’anno, per fortuna ora tutti ospitati online. Ecco qui quelli in inglese: 
Emerging Stories, in onda ogni Mercoledì alle 16:00, riunisce fotografi, giornalisti, scrittori, e produttori cinematografici chiusi in casa a causa del COVID-19 e pronti a condividere aspetti del loro lavoro online, ogni Mercoledì alle 16:00. L’ultima puntata parla di giornalismo ed è visibile in differita sul loro sito web: https://dezwijger.nl/programma/journalism-in-times-of-isolation-4
Tra gli eventi in programma segnalo Creative Collaboration: Performing Arts, How to stay creatively connected during and post-pandemic che si terrà Martedì 12 Maggio, ore 14:00.
https://dezwijger.nl/programma/creative-collaboration-performing-arts

Planet B
Ospitato da De Waag, piattaforma che mette in dialogo scienza, tecnologia e arte, da un punto di vista sociale, che analizza il cambiamento degli usi e dei costumi, dei valori e della correttezza. https://waag.org/en/about-us. Planet B è dove scienziati, artisti e altri cittadini di Amsterdam si incontrano mensilmente per scambiarsi opinioni riguardo le sfide sociali e climatiche del vicino futuro. Il prossimo incontro virtuale si terrà martedì 14 Maggio alle 20:00. https://waag.org/en/event/planet-b-expedition-meetup-9

Infine, dopo ogni tour che si rispetti, che sia reale o virtuale, viene un certo languorino e Amsterdam non manca certo di soddisfare i nostri desideri. Siete più da degustazione di formaggi tipici o da dolce come lo Stroopwafel?

Stroopwafel, Elena Lily Rotondo illustration


April 4, 2020No Comments

Parigi

Rubrica di viaggi (mentali)

Ecco il secondo appuntamento con la Rubrica di viaggi (mentali) di eleswim, illustrati da Anna. Vi porteremo a visitare le città più belle, ma soprattutto, entreremo nei musei per riscoprire assieme i loro capolavori. Non temete, troveremo il modo di visitarli stando seduti comodamente sul divano. Scopriamo come!

Anna Obert, Tour Eiffel, 2018

Ah Paris, Paris, la capitale del romanticismo e di sognatori ad occhi aperti. Storicamente, polo attrattivo per artisti squattrinati. Più frequentemente solo di passaggio, come meta di rito per lo sviluppo artistico, chi per rimanerci (e sopravvivere) più stabilmente: svariate personalità provenienti da tutto il mondo popolavano le aree bohemien di Montmatre e Montparnasse tra la fine del 1800 fino al secondo dopoguerra. Artisti, letterati, ben pensanti, commercianti d’arte, filosofi, condividevano baracche (studi), ritrovandosi nei Cafès per bere e ristorarsi. Tra colleghi e amici nascevano confronti, dibattiti, rivalità e profondi legami. In quel quartiere fervente, graziato dalla polizia, emergono, tra i personaggi di spicco miei favoriti, Amedeo Modigliani e Pablo Picasso, eterni rivali e sciupafemmine.

Quattro sono i punti di riferimento tra cui si collocano le scorribande degli artisti squattrinati di cui prima: Tre Cafès: "La Rotonde", "Le Sélect", "Le Dôme" e un ristorante "La Coupole". Modì ci si trasferì nel 1906, per rimanerci fino a tragica morte, divorato dalla malattia (tubercolosi) e dall'alcolismo. La sua più grande musa e amore fu Jeanne Hebuterne, con cui andò a vivere all'8 bis di rue Amyot. Ad oggi in quella via è rimasta solo una piccola targhetta che ne testimonia il passaggio.

Anna Obert, Il faut être un flâneur.
China su carta
Parigi 2018

Bello, elegante, povero e maledetto, dal talento indiscusso. Le sue tele magnetiche con pennellate leggere e sensuali. "I Colori dell'Anima" è un film che ne racconta l'affascinante e rocambolesca vita. Su YouTube lo trovate per intero in lingua originale, clicca qui.
Se invece preferite leggere, segnalo il libro di Corrado Augias "I Segreti di Parigi" per una lettura curiosa e scorrevole con narrazioni legate alla capitale francese, tra cui quella di Modì e altri della École de Paris.

Anna Obert, Les toits 
China e acquarello su carta
Parigi 2018

Picasso, l'altro tra i miei personaggi preferiti di Parigi a inizio XX secolo, alloggiava invece in un luogo chiamato Le Bateau-Lavoir, per le sue sembianze di barca e funzioni da lavanderia, tra le altre. Attorno a lui ruotavano personalità notevoli, dalla spiccata preparazione e cultura, talvolta anche bizzarre. Gertrude Stein è sicuramente tra le più rilevanti, specialmente per l'influenza che ha avuto nel rendere Picasso il colosso che è tutt'ora. La Stein dettava tendenza e racconta la sua esperienza con Picasso in un libricino delizioso della Adelphi Editore. Lì scrive che ne è stata rapida fin dal primo incontro, come un'intuizione fulminante.
Altro interessante punto di vista, prezioso per respirare l'aria Parigina di quel tempo in maniera piuttosto fattuale, è quello di Alice Toklas (segretaria, amante e amica della Stein). Nel libro "Autobiografia di Alice Toklas, Gertrude Stein" racconta il crocevia di gente che frequentava la casa-salotto della Stein.

Odette, Paris
Odette, Paris, 2018

Museo meno noto, che forse passa in secondo piano per i turisti "di fretta", è il Museo Nazionale Picasso Parigi a rue de Thorigny. Di recente è stato ristrutturato l’intero palazzo storico che lo ospita, “Salé”, nel cuore del quartiere Le Marais. Al suo interno più di 3000 opere del pittore spagnolo tra dipinti, disegni, carte, fotografie e sculture.

Tuttavia, le promesse di inizio articolo erano altre e vanno rispettate: visitare i musei più belli senza lasciare le mura di casa. Tutto questo è possibile grazie a “Google Arts and Culture”, che rende disponibili con un solo click interi musei che aprono le loro porte con l’aiuto della realtà aumentata. È possibile immergersi nelle sale, usando il cellulare come cursore direzionale. Ed ancora, proiettare quadri in dimensioni reali sulle pareti di casa. Entriamo insieme al Musée d’Orsay.

Anna Obert, Le Musée d'Orsay vu sans hâte, 2018

In questo magnifico edificio di primi '900 tra marmi, ferro battuto e vetrate, è contenuta una tra le più inclusive collezioni di arte 1848 al 1914 al mondo.  Visitarlo una sola volta non basta: oltre alle esposizioni temporanee sempre nuove, godono di una vita movimentata anche le opere permanenti. Nuovi allestimenti, prestiti e donazioni scombinano spesso le carte in tavola. Qui gli aggiornamenti.

interno, Musèe d'Orsay, Paris

Piccola chicca per il viaggiator curioso...

Da Le Marais è facilmente raggiungibile rue Rivoli, in cui al civico 59, tra grandi negozi di vestiti modaioli, si trova un palazzo ex “squatters” in cui gli artisti risiedono, lavorano ed espongono le proprie tele. Difficile non riconoscere il palazzo, che presenta sceniche decorazioni sulla facciata in continuo mutamento. Al suo interno trionfa l’eccesso di decorazioni, opere d’arte in vendita, molte ancora in corso d’opera. Una finestra atemporale nel cuore di una via moderna e chiassosa.

In conclusione, come sempre dopo tanta cultura, è arrivata l'ora della merenda. L'infallibile profumo di crêpe ci fa volare a Rue du Montparnasse.

Eleswim surfing baguette_Paris
Macarons attack

The End.

March 29, 2020No Comments

Londra

Rubrica di viaggi (mentali)
Chi l'ha detto che tra le mura di casa non si può viaggiare?

Ecco a voi una piccola guida con le illustrazioni di Anna, per continuare a viaggiare in compagnia. Segui il cappellino rosso di Eleswim tra città, musei, viaggi mentali e cibo.

Londra by Anna Obert
Eleswim traveling to London by Anna Obert
London Skyline
London Skyline from the Shard, March 2020

Per molti stranieri residenti all’estero non è stato facile scegliere cosa fare a fronte del lockdown a catena di ogni Stato e decidere se affrontare l’odissea per tornare al proprio paese oppure, armarsi di pazienza e rimanere fermi. Io sono tornata nella mia città natale, sebbene Londra sia stata la mia casa per questi ultimi due anni e mezzo. Doverla abbandonare così di fretta è stato sicuramente difficile. Tutto questo però non impedisce né a me, né a voi di tornare a visitarla, almeno con il pensiero. Cosa c’è di più bello di una passeggiata lungo il fiume, con i grattacieli a far da sfondo, la pioggerellina tenue abituale compagna, i runners, gli skaters, i fastidiosi bikers a fare da contorno… dove saremo diretti?

St. Paul Cathedral, Millennium Bridge, London
St. Paul Cathedral, Millennium bridge view from Bankside, London, UK

Risalendo River Thames si arriva al Millennium Bridge, ponte pedonale che sta prorpio di fronte a... La Tate Modern!

Tate Modern
Tate Modern by Anna Obert

Maestoso complesso in mattoni rossastri, la Tate Modern si sviluppa lungo il Tamigi, opposta alla cattedrale di St. Paul, ma attenta a non rubare la scena. La prima volta che ho messo piede qui dentro mi sono ritrovata in un ingresso spaziosissimo, la Turbine Hall, che all’epoca (due annetti fa) ospitava il pensiero di Superflex, una collettiva di designers che progettando spazi ricreativi, hanno voluto offrire spunti di gioco ed incontri, sotto l’altissimo soffitto in ingresso. Ne ha parlato anche Dezeen

Superflex installation, Turbine Hall, Tate Modern, October 2017

La Tete Modern ha ospitato mostre spettacolari dalla sua apertura nel 2000 ad oggi. Siamo fortunati abbastanza da poter godere di un’ampia trasposizione online delle sue sale, con racconti e spiegazioni utili. Come la libreria multicolor dell'artista Afro-Inglese Yinka Shonibare CBE, opera che racconta come il Regno Unito di oggi sia frutto di ondate migratorie continue, un mix di etnie e culture differenti che da anni popolano le sue terre, a volte solo di passaggio, a volte per restare.

May 2019, The British Library of Yinka Shonibare
Olafur Eliasson Exhibition, Tate Modern, July 2019

Tanta cultura mette fame... Dopo ore al Museo, fisico o virtuale che sia, è ora del ristoro.

Che fare quindi ora? Non ci resta che mangiare… 

Fish & Chips by Anna Obert

The End.

November 23, 2017No Comments

“Monet: the very first Instagrammer!”

Is how Francesco Menconi, theater director, and art lover, well defined Monet’s series. I totally fell in love with this ironic, but accurate definition.

Impressionists in London” is the current EY Exhibition on display at Tate Britain from the 2nd November 2017 to the 29th April 2018.
On sight, are the paintings depicting London from the major impressionists’ point of view. It is surprising how familiar they could seem. Not only because, of course, they represent London’s landmarks, but especially because they represent a common feeling. Claude Monet, Alfred Sisley, Camille Pissarro among others at that time were looking for a place to escape the Franco-Prussian War. London, with his thriving art market, was definitely an attractive destination. For this reason, their paintings communicate passion, anger, and wait. Watching them, we can see and feel nostalgia, melancholy, and a truly fascinating atmosphere. These are exactly the feelings I've felt, moving from Italy to London and trying to familiarize with such a huge city. For these reasons, I am sure that this exhibition could be revealing for many tourists and newcomers, but could also be nothing more than a showcase of technical practices for the more skeptical and disenchanted others. Indeed, it is a strongly criticized exhibition, even defined as "dull" and "the worst show about impressionists" by some journalists.
A part of personal judgments, the six paintings from Claude Monet’s famous Houses of Parliament series on display, are real masterpieces. Each one held in the collections of different museums across the USA, France, and Germany. This grouping is the largest number of works from the series to be exhibited in Europe since 1973, and the room that put together paintings depicting river Thames (with many different filters as if it was on Instagram) is magical. Visitors can draw comparisons between the works. Including the variations in the color of the water, the appearance of the sky and the changing atmosphere due to London's infamous fogs. 

I know that you will probably get lost in Winter Wonderland, but it is definitely worthy to see for those who passed by London in this winter season!

March 25, 2017No Comments

Il racconto dei racconti!

Forse era destino che io andassi a vedere Steve McCurry. Forse gli dèi l'avevano premeditato o forse era il mio subconscio che premeva per mostrarmela. Fatto sta, che ho finalmente rotto il ghiaccio con il famigerato fotografo, presso il Museo Civico di Brescia.

La prima volta che sentii parlare di una sua mostra fu lo scorso anno, quando lui diede inizio alle danze alla rinnovata Villa Reale di Monza. Fece il boom di biglietti staccati ed entusiasmò tutti. Quel volto della bambina afgana dagli occhi di ghiaccio era sulla bocca di tutti. Io temporeggiai per qualche assurdo motivo, e me la persi.

Poi si fece Ottobre ed io ero in Puglia con le amiche per una invidiatissima settimana di puro relax e venni sorpresa da quella stessa mostra ad Otranto, nel museo del Castello della città. Sorrisi e la buttai lí con le amiche, ma era ora di pranzo e vinse il cibo.

Poi, il weekend scorso mi chiamò un'amica dicendo: "a Brescia c'è la mostra fotografica di Steve Mccurry, Artebella sarebbe così gentile da accompagnarmi?" A quel punto pensai - è destino - ed accettai.

La mostra, tenuta al Museo Civico di Santa Giulia, si chiama "Leggere", allestita in occasione di Brescia Photo Festival 2017, è un viaggio emozionale all'interno della lettura. Si viaggia accompagnati dalle meravigliose fotografie dell'artista, che lasciano senza fiato. Io personalmente ci ho messo una vita a girarla tutta, perché venivo catturata da ogni scatto e ci rimanevo intrappolata come un insetto nella tela del ragno. Sono magnetici i suoi ritratti e se inizi ad osservarne i dettagli, non te ne stacchi più. Mi venivano a recuperare gli amici, che per capire dove fossi, incalzavano al telefono:

  • "Ele ti abbiamo persa, dove sei rimasta?"

- "Incollata all'uomo anziano che legge"

  • "Ce ne sono giusto un paio, puoi essere più specifica?!"

- "Non lo so, uno di quelli nella prima sala"

  • "Ah! Noi siamo alla terza. Resta dove sei, arriviamo."

Brescia Photo Festival - Steve McCurry, Leggere

Brescia Photo Festival - Steve McCurry, Leggere

A tenerti per mano, poi, ci sono le scritte. Per tutta la mostra compaiono citazioni di personaggi importanti della letteratura mondiale, che esprimono a parole loro la bellezza e l'importanza di leggere. Il bello è che queste frasi sono stampate su supporti bianchi in simil-stoffa e tu ti ci puoi buttare in mezzo, le puoi toccare, le puoi muovere, puoi interagire con loro, ci puoi giocare.

Steve McCurry è la priorità alla quale non si può rinunciare, ma vale la pena anche di ammirare le altre due mostre in corso: Magnum's First, le prime produzioni dei fotografi della più importante agenzia di fotogiornalismo di tutti i tempi. La Premiére Fois: gli scatti che hanno identificato lo stile e reso famosi in tutto il mondo i fotografi della Magnum.

Buona visita! #scattirubati

March 14, 20171 Comment

Manet o non Manet, questo è il problema!

“Manet e la Parigi moderna” è il titolo dell'ultima mostra inaugurata a Palazzo Reale di Milano e dedicata al noto pittore francese.

Forse, però, sarebbe stato più adatto chiamarla “La Parigi moderna, gli impressionisti e Manet”. Perché dell’artista in questione, a mio parere, c’è ben poco.

Manet è uno dei più grandi nomi della pittura francese della seconda metà dell’800. Un rivoluzionario che aprì la strada a quei pazzi che furono gli Impressionisti. Uomini poco acclamati dai propri contemporanei, cresciuti in un periodo storico in cui l’Artista stava perdendo la sua originaria funzione, senza sapere più bene quale fosse il suo ruolo nella società, cosa dipingere e per chi.

Questi uomini, la cui maggior parte acquisì fama solo post-mortem, ebbero il coraggio di dipingere per se stessi. Di dipingere per curiosità. Di dipingere per amore.

Manet è stato un inconsapevole innovatore. Egli non si definiva tale e nemmeno veniva visto così dai suoi contemporanei. Era affascinato dalla luce nei dipinti di Giorgione e Tiziano, dalle tele di Velázquez, dall’uso dei colori di Goya.

Francisco Goya, Majas al balcone, 1808-1814

Francisco Goya, Majas al balcone, 1808-1814

Proprio a quest’ultimo si ispirò per realizzare Il Capolavoro esposto nella penultima sala, per il quale avrei volentieri pagato il biglietto anche solo per accedere unicamente a quell'opera.

Vi svelerò l’identità di tale bellezza più avanti, ora procediamo con ordine.

Le aspettative che si creano leggendo un nome così “di grido” sul cartellone pubblicitario sono davvero molte. Manet è conosciuto da tutti, se non per passione personale, sicuramente perché è una tappa fondamentale dello studio di storia dell’arte a scuola e talvolta capita persino, per distrazione e somiglianza fonetica, di confonderlo con Monet!

La mostra si apre con una contestualizzazione storica, dunque, molto apprezzabile ed utile per capire le tappe fondamentali della vita del pittore (qualora si fossero sbadatamente dimenticate le lezioni al Liceo).

Le sale affrontano svariati temi, dalla ritrattistica in cui è possibile ammirare la bella presunta amante dell’artista, Bertha Morisot (la quale compare come modella in moltissimi dipinti); alla pittura di cronaca in cui è interessante il dipinto che immortala la scena della fuga di Rochefort dalla colonia penale di Nuova Caledonia, in cui era stato rinchiuso per essersi opposto al regime di Napoleone III. Osservando questi dipinti sono numerosi gli spunti che balzano alla mente. È divertente vedere la moda del tempo e come alcuni accessori siano di nuovo in voga ed anche le citazioni artistiche sono innumerevoli.

Eva Gonzales, un palco al Théâtre des Italiens, 1874

Eva Gonzales, un palco al Théâtre des Italiens, 1874

Quando si parla di pittura che ritrae scene realmente accadute, romanzandole, non si può non pensare alla "Zattera della Medusa" di Theodore Gericault. Imbattendosi nel soffitto originario della sala dell’Opèra di Parigi affrescato da Lenepveu, è diretto il richiamo alla "Camera degli Sposi" del Mantegna a Mantova, per non parlare delle influenze reciproche tra gli stessi artisti di quel periodo, esplicitate durante tutto il percorso.

Edouard Manet, Fuga di Rochefort, 1881

Edouard Manet, Fuga di Rochefort, 1881

Théodore Gericault, La zattera della Medusa, 1818-19, Museo Louvre, Parigi

Théodore Gericault, La zattera della Medusa, 1818-19, Museo Louvre, Parigi

Dipinto originario del soffitto dell'Opéra di Parigi, Lenpveu, 1865

Dipinto originario del soffitto dell'Opéra di Parigi, Lenpveu, 1865

Andrea Mantegna, Camera degli Sposi, Mantova, 1465-74

Andrea Mantegna, Camera degli Sposi, Mantova, 1465-74

È infatti punto di forza della mostra, quello di effettuare numerosi confronti tra pittori dell’epoca, è curioso osservare soggetti simili resi con stili diversi. Ciò che invece delude è trovare tematiche sconnesse tra loro e a volte poco logiche. Vedere una sala dedicata al fiume “La Senna”, poi una all’architettura parigina del secolo e poi di nuovo all’Opèra di Parigi, per poi passare alle scene di vita mondana. Oppure, trovare nella sala che tratta le influenze spagnole di Manet, un quadro del tutto fuori tema. O ancora, imbattersi in sale senza neanche un’opera dell’autore a cui la mostra dovrebbe essere dedicata.

Il risultato è stato per me e i miei amici, sconfortante. Siamo andati a visitarla un giorno in pausa pranzo carichi di entusiasmo, sperando di vedere una retrospettiva di Manet e ci siamo ritrovati alla sua caccia al tesoro.

Come accennato all'inizio, l’unica sala che mi ha impressionata positivamente e che mi ha consolata dalla delusione maturata fino a quel momento, è quella dedicata ai candidi abiti delle Signore dell’epoca, in cui è esposta una tela incantevole: “Il balcone”.

Edouard Manet, Il balcone, 1868

Edouard Manet, Il balcone, 1868

Quest’opera è una vera gioia per gli occhi. La composizione della scena è equilibrata, ci sono tre figure al centro ed una sullo sfondo, incorniciate dalla ringhiera verdone del balcone e dalle persiane sempre di colore verde brillante. Lo sfondo è scuro, cupo e ritrae l’interno di un’abitazione inghiottito dalle ombre, mentre le tre figure in primo piano si stagliano come macchie di colore chiaro. Le due donne sono pallide e luminose, l’uomo è vestito di scuro. La delicatezza degli abiti candidi e quasi evanescenti contrasta con la pittura materica tipica dell’artista. In tutti i quadri di Manet è possibile ammirare come la profondità della scena e la concretezza dei soggetti ritratti non siano dati da precise regole di disegno, talvolta completamente ignorate, neppure dalla prospettiva e tantomeno da ombreggiature, quasi del tutto assenti. Quel senso di palpabilità è dato interamente dal colore. Nelle tele di Manet è il colore che fa tutto. Questo lo si può osservare dalle sue peonie bianche nella sala delle nature morte, dal giovane pifferaio (icona della mostra) e dagli abiti di tutti i suoi soggetti.

Edouard Manet, Ramo di Peonie bianche, 1864

Edouard Manet, Ramo di Peonie bianche, 1864

Questo aspetto è enfatizzato a tal punto da far sembrare le figure bidimensionali, senza però perdere neanche un briciolo di contatto con la realtà. Tutto è estremamente vivo e vero.

Altro incantevole dettaglio de Il balcone sono gli occhi. Solo quelli della figura in primo piano sono ben definiti e ci osservano sfacciati (gli stessi occhi della famosa Olympia, che scandalizzò i suoi contemporanei). Gli altri sono appena accennati. Ella è probabilmente ancora Bertha Morisot, musa dell’artista.

Mentre le altre sale le abbandonavo più o meno indifferente, da questa penultima non me ne sarei mai più voluta andare. Se la maggior parte delle opere provengono dal Museè d’Orsay di Parigi, non rimane altro da fare che comprare subito il biglietto aereo per vedere il resto!

February 23, 2017No Comments

Osservando l’Osservatorio: che osservazioni! (firmate Prada, ovviamente)

Finalmente sono riuscita ad andare alla scoperta del nuovissimo spazio espositivo milanese firmato Prada: l’Osservatorio.
Inaugurato il 21 Dicembre 2016 si occupa di fotografia ed espone i nuovi linguaggi visivi che la utilizzano in vari modi.

Questo spazio mi ha incuriosita fin dal principio, grazie alla location spettacolare (5° e 6° piano di uno degli edifici centrali della galleria Vittorio Emanuele). Le aspettative che si creano sono davvero alte e sorge spontaneo chiedersi se i contenuti della mostra siano effettivamente all’altezza del contesto in cui si trovano.

Innanzitutto, bisogna trovare l’ingresso. Un’operazione che può sembrare molto semplice, ma che se non si ha ben chiaro cosa si sta cercando, non lo è affatto.

E' situata nella prima metà della galleria (arrivando da piazza Duomo) e si trova sulla destra, poco prima delle vetrine di Prada uomo. Fin da subito si fa sentire il peso del lussuoso contesto: ad accoglierti c’è il listino prezzi di Marchesi, la storica pasticceria di Milano situata nello stesso palazzo, con elegante ascensore di marmo verde, raffinato e piccino.

Ingresso Fondazione Prada, Galleria Vittorio Emanuele, Milano

Ingresso Fondazione Prada, Galleria Vittorio Emanuele, Milano

Una volta arrivati il personale è molto cordiale e ben disposto a fornire qualsiasi spiegazione. La mostra in scena è “Give me Yesterday”, un insieme di lavori di 14 artisti che raccontano le loro personalissime storie, accomunate solo dal medium utilizzato: la fotografia, e dal modo con cui questa viene utilizzata. Per poter comprendere tutto ciò è necessario munirsi della brochure, che fornisce oltre ad autore e titolo delle opere, anche qualche concetto chiave per poter comprendere ed apprezzare ciò che si sta per guardare.

Give me Yesterday, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Give me Yesterday, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Le opere esposte al primo piano sono le più bizzarre, passatemi il termine. Si rimane forse un po’ straniti osservando scatti provocatori di una signora non più tanto giovane, che posa semi-nuda con sfacciata disinvoltura. Leggendo si scopre essere la madre dell’artista e che l’effetto desiderato è proprio quello di sdoganare i tabù sulla sessualità. Incuriosisce anche il video che proietta album fotografici di famiglia sulla base di “Day-O (The Banana Boat Song)” di Harry Belafonte https://genius.com/Harry-belafonte-day-o-the-banana-boat-song-lyrics, canto popolare giamaicano innalzato dai lavoratori serali nei campi di banane o, per gli amanti dell’hip-hop come me, l’intro della canzone “6 foot 7 foot” di Lil Wayne https://youtu.be/c7tOAGY59uQ, che speri tanto parta a tutto volume.

Leigh Ledare, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Leigh Ledare, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Con la seconda sala è più facile familiarizzare, offre immediati spunti di riflessione ed occasioni di dialogo, se si è in compagnia. Interessante è il lavoro di una ragazza bolognese con le polaroid: "Ho preso le distanze", in cui ritrae amici e famigliari tanto distanti dall’obiettivo quanto è confidenziale il loro rapporto con l’autrice. Oppure gli scarabocchi con Photoshop di Kenta Cobayashi, che mi hanno immediatamente ricordato quando da piccola pasticciavo con Paint. Confortante è la linea di orizzonte continua fatta accostando i paesaggi di Puglia e Sardegna, ognuno di noi ha a cuore un orizzonte e questa serie di fotografie ce lo ricordano.

"Orizzonte in Italia" Antonio Rovaldi, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

"Orizzonte in Italia" Antonio Rovaldi, Osservatorio Fondazione Prada, Milano

Unica pecca di tutta la mostra? Essendo le opere concettuali ed a volte “difficili”, si rischia di passare più tempo ad ammirare l’incantevole struttura della cupola, che sembra un delicato pizzo in vetro e ferro, che a guardare la mostra in sé.

Cupola della Galleria Vittorio Emanuele, Milano

Cupola della Galleria Vittorio Emanuele, Milano

Immancabile dopo la visita il caffè da Marchesi al piano inferiore, 5 € per un caffè (se volete potete ordinare anche solo un bicchiere d’acqua) e la corsa in piazza Duomo a vedere le palme.

Palme in Piazza Duomo, Milano, Italia

Palme in Piazza Duomo, Milano, Italia

February 11, 20172 Comments

Non fate le Mummie, andate al Museo!

Lo so, la sessione esami è impegnativa. È difficile ricavare del tempo per ciò che ci piace, per andare a fare shopping sfruttando i saldi (ma perché devono coincidere proprio con la sessione invernale?!), è difficile persino trovare il tempo per avere una vita sociale e ricordarsi di essere persone con la capacità di relazionarsi con il prossimo, quindi, figuriamoci se troviamo il tempo per visitare una mostra o un museo!

Però, se ce l’ho fatta io, vi assicuro che potete farcela anche voi e che dopo starete benissimo.

Innanzitutto, uno spassionato consiglio che vi do per il weekend è quello di andare a visitare “Affordable Art Fair” a Milano, il cui cuore è in via Tortona 27, al Superstudio Più.

Questa fiera d’arte contemporanea è un evento che ormai si tiene ogni anno a Milano e stuzzica il palato di chi vorrebbe acquistare arte, ma non ha mai trovato la motivazione sufficiente per spendere cifre considerevoli. Qui si ha l’occasione di portarsi a casa un bel quadro o un oggetto d’arte a cifre super accessibili. Da non perdere!

Altro consiglio che vi do per staccare un po’ la spina dalla quotidianità e per far visita ad un museo degno del viaggio, è: andate al Museo Egizio di Torino!

Da poco ha visto terminare il restauro durato 5 anni, impresa veramente ammirevole in quanto la direzione è riuscita a non chiudere mai il museo al pubblico durante i lavori. Ciò significa che talvolta la collaborazione tra privato e pubblico funziona – e anche bene!

All’esterno sorvegliano l’ingresso due grandi statue che danno subito la sensazione di essere sul set del film “La Mummia – il ritorno”, inquietanti, ma fascinose.

Statua ingresso Museo Egizio

Statua ingresso Museo Egizio, Torino

Anche il salone d’ingresso contribuisce a restituire la medesima sensazione: biglietteria, negozio per gli acquisti e area d’attesa sono tutti contenuti in questa enorme stanza con soffitti alti, un colonnato ai margini, pavimenti in pietra scura, pareti di specchi imbruniti e illuminazione a faretti, che se ti avessero chiesto di descrivere l’ingresso di un templio dell’aldilà, l’atmosfera sarebbe proprio quella.

Il museo è strutturato su più livelli e la visita si svolge in ordine cronologico. Si giunge nella prima sala dopo un turbinio di scale mobili dove, in caso di ingorgo, l’unica cosa in cui speri è che il signore davanti a te non inchiodi una volta giunto al pianerottolo, perché altrimenti gli finiresti dritto nel sedere, accompagnato dal moto inesorabile dell’intransigente scala, che non fa sconti a nessuno. Una volta aver superato incolumi questo primo passaggio si viene catapultati in una stanza stretta e lunga in cui si inizia a vedere i reperti che raccontano la storia del popolo Egizio, a partire dalla più antica mummia meglio conservata.

La Mummia più antica, Museo Egizio, Torino

La Mummia più antica, Museo Egizio, Torino

I vari piani raccontano le diverse epoche che hanno caratterizzato l’evolversi di questo antico popolo, dall’Antico Regno, all’Epoca Romana Tardoantica ed è meraviglioso osservarne le usanze ed il linguaggio fortemente simbolico con cui ogni oggetto veniva decorato.

Dettaglio Sarcofago di donna, Museo Egizio, Torino

Dettaglio Sarcofago di donna, Museo Egizio, Torino

Si entra in un mondo in cui la vita ultraterrena ha quasi più valore di quella terrena e in cui il corpo di un defunto viene trattato con più cura di quello vivente. Mito, magia, religione e sacralità sono concetti qui fortissimi e nella nostra realtà occidentale un po’ sottovalutati, forse, ma sui quali le cronache di oggi tornano a farci riflettere.

In questo contesto è palpabile la forza con cui un’idea non provata empiricamente riesce a manovrare l’operato di un intero popolo per secoli. La sola fede nella vita dopo la morte ha condotto una stirpe a creare tombe imponenti, statue enormi, utensili vari ed oggetti straordinari con mezzi poverissimi.

La sala che ripaga del viaggio fino a Torino (se non siete di quelle parti) è sicuramente l’ultima. Si tratta della “Galleria dei Re”. L’ambiente è ancora una volta di colore scuro, sembra un templio antico di adorazione delle divinità e ospita tutte le statue acquistate dal museo che ritraggono potenti faraoni, sfingi, dei. Lo spettatore torna a sentirsi a metà tra Lara Croft in “Tomb Raider” ed Indiana Jones ne “I predatori dell’arca perduta”, finché esce da quel magico mondo e si ritrova nello Store a comprare il catalogo del Museo senza essersene neanche reso conto.

Galleria dei Re, Museo Egizio, Torino

Galleria dei Re, Museo Egizio, Torino

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